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Cultura & Curiosità

Procida, storia, curiosità e leggenda sull’isola di Arturo

Procida capitale italiana della cultura 2022. È stata sotto i riflettori del turismo nazionale e internazionale per l’intero anno.

Procida è ricca di storia, cultura e bellezze naturali. Marina Grande è il punto di approdo all’isola per i turisti che arrivano a bordo di traghetti e aliscafi.

E ai turisti non mancano certo i luoghi da visitare. A cominciare dalla famosa Terra Murata, così denominata per le particolari fortificazioni medievali. Fino al Cinquecento è stata il centro abitato dell’isola ma priva delle attuali difese. La fortificazione avvenne in seguito ma creò un ostacolo insormontabile contro le scorrerie dei pirati ottomani.

Il maestoso palazzo d’Avalos, trasformato nel corso dei secoli da reggia a bagno penale. La Marina di Chiaiolella con il suo porto turistico. Il suggestivo borgo di pescatori della Corricella. L’imponente e millenaria Abbazia di San Michele Arcangelo. E ciliegina sulla torta, l’oasi protetta dell’isolotto di Vivara, con la sua straordinaria Riserva naturale.

Procida è famosa anche come L’isola di Arturo, dall’omonimo romanzo di Elsa Morante. Un amore deluso quello di Arturo. Un amore tragico quello di Graziella, simbolo della ragazza procidana.

Solo tristezza invece nel maestoso e tetro Carcere borbonico che, in quasi due secoli, ha ospitato condannati della Repubblica napoletana, fascisti colpevoli di crimini contro l’umanità e sanguinari banditi e mafiosi.

 

Dall’abusivismo alle spiagge incantevoli

 

Procida è la più piccola delle principali isole del Golfo di Napoli. Ma anche la più caratteristica. Nonostante la devastazione causata dalla speculazione edilizia. Il numero di alberghi e pensioni insufficiente alle richieste dei turisti ha favorito l’abusivismo diffuso.

Ma aldilà della profanazione, Procida nel suo genere resta una perla rara. Con incantevoli spiagge per gli amanti dei bagni di mare. Come:

  • la spiaggia della Chiaiolella,
  • la spiaggia della Lingua,
  • la spiaggia del Postino,
  • la spiaggia della Chiaia,
  • la spiaggia della Silurenza
  • la spiaggia di Ciraccio.

 

Marina di Corricella e borgo dei pescatori

 

Il borgo marinaro della Corricella rimane forse l’unico sito di Procida che conserva evidenti tracce del passato. La Corricella è la marina più antica di Procida. Osservando dalla sommità di Terra Murata è possibile ammirare gli edifici aggrappati sulla ripida costa che degrada verso il porto. In lontananza potrebbe sembrare un presepe che si specchia nel mare. Le case con i tipici “vefi”, balconi coperti da archi, di origine araba, tutte tinteggiate con colori tenui, si appoggiano le une sulle altre. E scendono fin sulla banchina del porticciolo.

Un contesto che si traduce in un unicum anche sotto il profilo dei rapporti sociali. Si mantiene quello che per secoli ha caratterizzato il forte spirito di appartenenza degli abitanti di quel borgo.

La tinteggiatura delle facciate non ha una semplice valenza estetica. Serve a proteggersi dagli agenti atmosferici e dalla salsedine. Oltre che permettere di differenziare le proprietà (di fatto fuse tra loro). Quindi, in passato, rendere riconoscibile anche in lontananza la propria casa, ai pescatori che tornavano di notte.

 

Dalla Terra Murata alla Corricella

 

Il nucleo abitativo della Corricella si è creato negli anni successivi al Cinquecento. Un lungo periodo di pace e la diminuzione delle incursioni dei pirati saraceni permise di lasciare quella sorta di roccaforte che era Terra Murata.

La Corricella si è sviluppata intorno al santuario di Santa Maria delle Grazie che con la sua imponente cupola sovrasta il borgo. Però mentre la chiesa fu costruita nel 1679, la cupola è stata aggiunta nel Novecento.

Ma non prima di aver superato il tenace ostruzionismo dei proprietari del palazzo antistante, che non volevano perdere il panorama di cui beneficiavano. Egoisti… ma come dargli torto?

Passeggiare tra le stradine della Corricella nella tranquillità di un’area totalmente pedonale. Camminare lungo la banchina, incrociare i pescatori che filano le reti, sentire il profumo del mare, fa dimenticare, per un po’, lo stress che si ritroverà tornando alla vita di città.

Al borgo è possibile accedervi solo attraverso delle scalinate, la più frequentata delle quali è quella del Pennino. Attraversa una fitta schiera di case in vicoli molto stretti e conduce al porticciolo. Tra gli edifici della Corricella è possibile trovare alcuni degli alberghi e ristoranti più esclusivi dell’isola.

 

La magica atmosfera di Procida

 

Gli angoli più suggestivi di Procida godono di un’atmosfera magica. Ma che per essere gustata ha bisogno della quiete giusta. Di sicuro non aiuta l’inevitabile babele che si verifica nelle giornate di grande affluenza turistica.

I panorami e gli angoli più incantevoli dell’isola sono una delizia per gli occhi e per lo spirito. Ma non possono da soli trasmettere l’emozione che si prova percorrendo le strette e silenziose viuzze del centro antico.

A Procida si trovano anche i luoghi dove Massimo Troise girò il suo ultimo film: Il postino. E in omaggio al film e al grande attore l’incantevole spiaggia del Pozzo Vecchio è diventata la spiaggia del Postino. Infatti su quella riva fu girata la scena del film in cui Mario (Massimo Troisi) e Beatrice (Mariagrazia Cucinotta) s’incontrano per la prima volta e s’innamorano.

Ma Procida aveva ospitato già in precedenza grandi film e attori famosi. Alberto Sordi con Detenuto in attesa di giudizio. Sophia Loren e Giancarlo Giannini nel film di Lina Wertmüller, Francesca e Nunziata. Matt Demon in Il talento di Mr. Ripley. Solo per citarne alcuni.

 

Procida musa letteraria

 

Procida ha ispirato anche tanti scrittori. Prima fra tutti, ovviamente, Elsa Morante con L’isola di Arturo, titolo che è diventato quasi un sinonimo di Procida.

Il protagonista è Arturo Gerace. Un ragazzo che vive a Procida l’infanzia e l’adolescenza. Rimasto orfano della madre idealizza la figura del padre italotedesco Wilhelm, aspettando sul molo e i suoi ritorni dai continui viaggi.

Il padre però è burbero e distaccato, l’esatto contrario dell’eroe ideale costruito da Arturo nel suo immaginario. Ma questa realtà non impedisce al ragazzo di continuare a vederlo come il miglior padre possibile.

Le cose cambiano quando il suo mitico genitore arriva a Procida con Nunziata, la sua nuova moglie. Per Arturo è un colpo durissimo ma dopo una profonda avversione si innamora della ragazza. Tuttavia i suoi sentimenti sono molto confusi.

 

Il controverso amore tra Nunziata e Arturo

 

Da un lato vede in lei la madre, che non ha mai avuto, e dall’altro l’attrazione sensuale per una donna. La nascita di un fratello peggiora le cose. Il ragazzo sente diminuire le attenzioni di Nunziata nei suoi confronti.

Tenta un finto suicidio che però si rivela quasi fatale. Tuttavia ottiene il risultato sperato. Nunziata gli resta amorevolmente vicina durante la convalescenza e Arturo immagina che la scintilla sia scoccata. Tenta di baciarla ma Nunziata si ritrae sconvolta.

Poi mentre aumentano i conflitti e le pene d’amore fa una scoperta per lui devastante: il padre è omosessuale. Arturo distrutto e deluso decide di lasciare Procida. E pieno di tristezza conclude: «…Non mi va di vedere Procida mentre s’allontana e si confonde, diventa come una cosa grigia… Preferisco fingere che non sia esistita”.

 

La triste storia di Graziella e Alphonse

 

Lo scrittore francese Alphonse de Lamartine durante un viaggio in Italia, finisce per caso sull’isola di Procida. Con un compagno si era fatto accompagnare da un pescatore, con la sua barca, per visitare le isole del Golfo di Napoli.

Ma una terribile tempesta distrugge la barca e i tre si salvano fortunosamente sulle rive di Procida. Il pescatore ha la casa e la famiglia proprio sull’isola. Alphonse si rende conto che la barca era l’unica fonte di sopravvivenza per l’uomo e gliela ricompra. Poi mentre si trattiene sull’isola conosce la nipote del pescatore, Graziella,

Si tratta del classico colpo di fulmine e Alphonse si innamora della fanciulla dagli occhi neri e le lunghe trecce. Nasce un tenero amore che però si interrompe presto perché lo scrittore è costretto a rientrare con urgenza in Francia.

Alphonse lascia Graziella con la promessa di ritornare. Ma non la mantiene e la ragazza si ammala gravemente. Prima di morire però spedisce ad Alphonse una lettera nella quale gli annuncia la sua malattia e la morte ormai inevitabile. Tuttavia, gli chiede di non dimenticarla e portarla per sempre nel suo cuore.

Lamartine rimane sconvolto nel ricevere la lettera. E questo lutto segnerà per sempre la sua vita. Il ricordo doloroso non gli permetterà di ritrovare mai un amore simile in nessun’altra donna. Conserverà per sempre la lettera.

 

Graziella simbolo della ragazza procidana

 

Ispirato da questa dolorosa vicenda lo scrittore dedica al suo sfortunato amore il romanzo: Graziella.

Al pari di Arturo anche Graziella è divenuta un simbolo di Procida. Graziella come immagine della donna procidana, bella e solare nella sua semplicità.

Dal 1939, durante la Sagra del Mare viene eletta “Graziella” ossia la ragazza procidana, in costume tipico, che più identifica la Graziella lamartiniana.

A Graziella è stato dedicato anche un museo. Per chi volesse visitarlo, si trova presso l’ex conservatorio delle orfane, al secondo piano del Palazzo della Cultura, a Torre Murata. Si tratta di una ricostruzione storica della “Casa di Graziella“.

Ovviamente non lo è perché lla ragazza viveva in una famiglia di pescatori. Quindi in una casa arredate molto miseramente. In questa ricca casa-museo sono raccolti oggetti dell’Ottocento e del primo Novecento, comuni case di Procida. Lo scopo è quello di salvaguardare le antiche tradizioni procidane.

Ma i colori, l’attrazione, le caratteristiche uniche di Procida hanno ispirato anche Boccaccio, Collodi, Marotta, Toti Scialoja. E secoli prima di loro Giovenale, Stazio e Virgilio.

 

Terra Murata, centro antico di Procida

 

La Terra Murata, il Palazzo d’Avalos e l’Abbazia di san Michele, si trovano sul punto più alto dell’isola e si aprono su un panorama mozzafiato.

Terra Murata è il centro antico di Procida. Risale al periodo medievale e deve la sua struttura alla necessità di proteggersi dai continui attacchi esterni. Prima dalle invasioni barbariche, poi dalle devastanti incursioni dei pirati, in particolare ottomani.

Il vero scopo di queste scorrerie non era certo il saccheggio e la razzia di miseri pescatori. Il loro obiettivo era la parte della popolazione utile ad essere venduta al fiorente mercato degli schiavi.

Terra Murata e il “Castello”, arroccati sul punto più alto dell’isola, circa 90 metri, con pareti a picco sul mare e una ripida salita per raggiungerle dall’entroterra erano ben difendibili.

La fortificazione fu decisa nel Cinquecento dai d’Avalos, divenuti signori dell’isola. La Terra Murata era denominata fino ad allora Terra Casata. Cioè il centro che raggruppava le case dove si riunivano i procidani nei momenti di maggiore pericolo.

Questo stesso borgo, quando i d’Avalos attuarono il piano di fortificazione prese il nome di Murata, cioè racchiusa tra le mura.

 

Una muraglia fatta di case

 

Anche se in pratica non furono erette delle vere mura. La fortificazione si realizzò utilizzando come blocchi difensivi le case stesse. Collegate le une alle altre a formare un solido baluardo.

Di conseguenza queste case erano senza aperture dal lato esterno al complesso, quindi, avevano finestre e accesso solo all’interno del borgo.

Prima dell’accesso a Torre Murata si erge il maestoso Palazzo d’Avalos. La sua costruzione e le fortificazioni del borgo furono avviate dal cardinale Innico d’Avalos nel 1563. Per realizzare queste opere si dovette procedere ad una razionalizzazione del piano di urbanizzazione del centro.

I d’Avalos divennero feudatari dell’isola all’inizio del Cinquecento per concessione di Ferdinando d’Aragona. Nel 1529, furono riconfermati da Carlo V d’Asburgo, erede del nonno aragonese sul trono di Spagna.

Nel 1734 però il Palazzo fu confiscato da Carlo III di Borbone, che lo trasformò in residenza reale di caccia. Anche se chi fruì maggiormente di questa nuova “destinazione d’uso” fu il figlio Ferdinando IV.

 

L’assurda decadenza di Palazzo d’Avalos

 

Costui, noto anche Re Nasone o Re Lazzarone, dedicava alla caccia, alla pesca e tanti altri hobby il tempo che avrebbe dovuto dedicare al governo del Regno. Per i Borbone però il sito perse di interesse dopo la costruzione della reggia di Capodimonte e quella di Caserta. Entrambe dotate di enormi spazi riservati alla caccia.

Nel 1815 diventò scuola militare e nel 1830 carcere borbonico. Poi caserma e bagno penale. Infine carcere di massima sicurezza fino alla definitiva chiusura nel 1985.

Sono stati detenuti nel carcere di Procida personaggi politici antiborbonici come Luigi Settembrini e Cesare Rosaroll. I principali capi del fascismo. In primo luogo, il “macellaio di Fezzan”, generale Rodolfo Graziani, che impiegò gas tossici nella guerra in Etiopia e bombardò persino gli ospedali della Croce Rossa. Ma anche Teruzzi, Cassinelli e il comandante della X flottiglia Mas, Valerio Borghese.

Altro “ospite illustre” del penitenziario fu Frank Mannino, braccio destro di Salvatore Giuliano. Entrambi criminali autori della strage di Portella delle Ginestre.

Per prenotazione visite e informazioni 333/3510701. Pagina facebook

 

L’Abbazia di San Michele arcangelo

 

Nel cuore di Terra Murata spicca anche l’imponente complesso benedettino risalente all’XI secolo. Nel 1023 venne costruita la chiesa, intorno alla quale si svolgeva la vita degli abitanti del borgo. Nei primi secoli fu dedicata al culto di Sant’Angelo.

La struttura per scelta o per necessità ha subito numerosi “ritocchi” architettonici nel corso di questo millennio di vita.

Ma la ristrutturazione principale fu quella che fece eseguire il cardinale Innico nel Cinquecento. Dopo questi lavori la chiesa fu intitolata a San Michele arcangelo, protettore di Procida. E assunse la forma architettonica che vediamo oggi.

La chiesa nei suoi tre livelli sotterranei contiene dei veri tesori artistici.

Al primo livello il presepe permanente, realizzato utilizzando pastori settecenteschi di scuola napoletana. In legno e terracotta e in abiti dell’epoca.

Al secondo livello, oltre all’antica cappella di San Michele è stato ricavato lo spazio per una biblioteca di circa 8000 volumi tra testi a stampa e manoscritti. Sono in esposizione permanente anche dei corali in pergamena e cartacei, del XVI secolo. Tra le rarità, testi antichi di medicina, e uno dei primi atlanti geografici datato 1570.

 

Vivara, polmone verde di Procida

 

Vivara è la più piccola delle isole del Golfo di Napoli. Ha la forma di una mezzaluna ed una superficie di 380 metri quadrati. Insieme a Procida rappresenta l’estremità occidentale dell’area vulcanica dei Campi Flegrei.

La sua altezza massima supera di poco i 100 metri con un territorio interamente coperto da alberi e vegetazione. Si suppone che ancora in epoca romana fosse collegata a Procida tramite una costa rocciosa.

Dal 1974, Vivara è stata dichiarata “Oasi di protezione naturale”. È dal 1979 è sottoposta al vincolo archeologico.

La flora della Riserva è del tipo denominato “macchia mediterranea”.  In passato si era tentato di impiantare aziende agricole sull’isola. Ma l’idea fu abbandonata quando ci si rese conto che il gioco non valeva la candela.

 

Patrimonio floro-faunistico di Vivara

 

Tuttavia, questi interventi hanno “deturpato” l’aspetto incontaminato della natura, che però sta riprendendosi gli spazi che gli erano stati sottratti. Vi sono tracce antiche di un querceto di notevole dimensioni.

La vegetazione è ricchissima. Lecci, corbezzoli, mirto, orchidee selvatiche, felci, muschi e licheli solo per ricordare alcuni alberi e piante.

Il patrimonio faunistico si compone di almeno cento specie di uccelli. Tra cui il gabbiano corso, il succiacapre e il falco pellegrino. Oltre alle numerose specie di vertebrati come la lucertola campestre, il geco, il pipistrello, il coniglio selvatico.

Attualmente le due isole sono collegate da un ponte pedonale di 362 metri. Fu costruito nel 1957 dall’Acquedotto campano per portare l’acqua a Ischia.

 

Problematiche visite guidate a Vivara

 

Il ponte pericolante e le lungaggini burocratiche hanno impedito le visite guidate all’oasi protetta dell’isola per lunghi anni. Poi quando sembrava giunto il momento della definitiva riapertura è arrivato il Covid, con un punto interrogativo sul futuro.

Infatti, i responsabili, per le prenotazioni, invitano a controllare periodicamente gli annunci sulla home page della Riserva naturale o su quella del Comune di Procida

Quando le visite sono possibili, si entra in gruppi di non più di 30 persone. Il punto d’incontro si trova nei pressi del cancello di accesso al ponte. La visita alla Riserva dura circa 2 ore sotto il costante controllo di guide esperte.

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