Castel dell'Ovo
Cultura & Curiosità

Castel dell’Ovo, la leggenda della grande frittata virgiliana

Castel dell’Ovo è uno degli sfondi caratteristici delle cartoline di Napoli. Un simbolo della città. Pieno di fascino e di mistero. Di storia e di leggende. Come quella dell’uovo di Virgilio. O dell’uovo “clonato” della scaltra regina Giovanna I d’Angiò.

Spicca maestoso sull’isolotto di Megaride. Lo stesso dove giunse la sirena Partenope, proveniente dallo scoglio delle sirene. Infuriata per essere caduta vittima dell’astuzia di Ulisse. 

La leggenda dell’uovo di Virgilio è sicuramente la più famosa tra quelle legate a  Castel dell’Ovo.

Era un uovo da cui dipendeva il destino non solo del Castello ma dell’intera città di Napoli. Per cui straordinarie misure di sicurezza proteggevano la sua integrità. E tra queste delle pesanti serrature che blindavano una gabbia segreta situata nei sotterranei del castello.

 

La regina Giovanna e la rottura dell’uovo

 

Purtroppo, queste misure non furono sufficienti a proteggerlo da un incidente verificatasi nel ’300. E quando la notizia si diffuse la popolazione andò nel panico.

Ma prima che la situazione degenerasse ulteriormente l’astuzia della regina Giovanna I d’Angiò riuscì a tranquillizzare il popolo terrorizzato. La scaltrezza, del resto, era un’arma che non mancava al suo arsenale personale.

Era la nipote di Roberto d’Angiò, detto il Saggio. Non si dimostrò all’altezza del suo predecessore ma le sue attenuanti erano notevoli.

Per quel che riguarda l’uovo invece, la causa indiretta del disastro fu la sconfitta e la cattura di Ambrogio Visconti, figlio del Signore di Milano Bernabò, da parte dell’esercito di Giovanna.

Al figlio naturale Ambrogio il padre acquistò il grado di capitano in una compagnia inglese di stanza a Pisa. Grazie all’accordo tra le parti Ambrogio poté raggruppare sotto un unico vessillo anche altre due compagnie. La Compagnia di San Giorgio e la Compagnia Bianca.

Grazie a queste milizie si diede un gran daffare nel Centronord. Mise a ferro e fuoco la Lunigiana. Conquistò Spezia e pose sotto assedio Genova costringendola alla resa.

 

Ambrogino, dalla marcia trionfale alle carceri di Castel dell’Ovo

 

Forte di una nuova pace si sentì ormai pronto a conquistare il resto dell’Italia. Iniziò la discesa attraverso la Romagna e arrivò in Abruzzo dove si interruppero i suoi sogni di gloria.

Sbaragliato dall’esercito napoletano fu catturato e imprigionato nelle segrete di Castel dell’Ovo.

Tirando le somme, appare chiaro che nonostante le discutibili vittorie iniziali, Ambrogino aveva dimostrato sul campo come fossero limitate le sue doti di condottiero.

E ormai aveva buone probabilità di trascorrere il resto dei suoi giorni nelle carceri del Castello, ma la fortuna lo aiutò e riuscì casualmente a fuggire.

Non con un piano geniale come il Conte di Montecristo o, in tempi più recenti, Papillon. Fu soltanto favorito dal crollo del grande arco naturale che univa le due parti dell’isolotto di Megaride. Il cedimento generò un caos infernale. Si aprì un varco anche nella cella di Ambrogino. Che  colse al volo l’occasione per squagliarsela.

 

Il segreto di Castel dell’Ovo

 

La fuga del Visconti non era tale da suscitale chissà quale allarme. Aveva già dimostrato la sua scarsa pericolosità come avversario.

Molto probabilmente la regina Giovanna nemmeno lo avrebbe fatto ricercare. E tanto meno gli avrebbe impedito la fuga verso Milano.

I guai invece cominciarono quando si diffuse la voce che il crollo non era stato casuale e la popolazione andò nel panico.

Secondo queste voci l’azione sarebbe stata architettata proprio dal milanese per evadere dalla fortezza.

Azione che, involontariamente, aveva causato un disastro ben più grave, cioè la rottura del prezioso uovo nascosto da Virgilio nei sotterranei del castello.

 

Una disastrosa frittata

 

Nell’immaginario collettivo quella sciagura avrebbe causato eventi funesti e forse la distruzione della città.

Giovanna I d’Angiò, al contrario, era molto più smaliziata e certamente non credeva in certe superstizioni. Tuttavia, si rese conto che bisognava inventarsi qualcosa per superare le paure del suo popolo.

E si rese anche conto che sarebbe bastata una piccola bugia a fin di bene. Fece sapere quindi ai suoi sudditi di stare tranquilli perché lei stessa aveva sostituito l’uovo rotto con un altro uovo altrettanto miracoloso. Quindi il Castello e la città erano salvi.

I napoletani accettarono, o vollero accettare, la benevola frottola della regina Giovanna e ritornarono sereni ai loro reali e ben più concreti problemi quotidiani.

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