Padre Rocco
Personaggi storici

Padre Rocco, storia del domenicano paladino degli ultimi

Gregorio Maria Rocco, per tutti semplicemente Padre Rocco. Un frate domenicano che applicava con rigore le regole del Vangelo. Quando necessario trascurava la forma a vantaggio della sostanza.

Il bene dei più deboli andava salvaguardato, l’arroganza dei prepotenti combattuta. Con le buone o con le cattive. Non era come San Francesco, sempre pronto a perdonare tutto. Si avvicinava di più alla pragmaticità di San Filippo Neri e ad una sua famosa citazione: «State buoni se potete».

Padre Rocco era un sant’uomo per cui la sua linea di condotta era la persuasione. Ma qualora il peccatore fosse recalcitrante, passava alle minacce, facendogli balenare l’idea dell’aldilà e delle pene che avrebbe sofferto.

Se poi il guappo non si lasciava intimorire nemmeno dal contrappasso dantesco, allora compariva come per incanto il nerbo di bue, che teneva sempre sotto il mantello. E sotto le scudisciate del domenicano anche il più ostinato mascalzone abbassava la cresta.

 

Il sostegno popolare e il potere di Padre Rocco

 

Un comportamento così temerario indurrebbe a credere che si tratti di una leggenda. Ma è la pura verità. Il coraggio di Padre Rocco si fondava su due pilastri.

Il primo riguardava la sua notevole stazza che già di per sé incuteva rispetto. Ma principalmente era fondato sul consenso popolare che lo accompagnava.

Per la gente a cui dedicava tutta la sua vita era intoccabile. Chi avesse osato alzare le mani su di lui avrebbe rischiato il linciaggio.

È proprio questa popolarità che fa dire ad Alessandro Dumas che «a Napoli era più potente del Sindaco, dell’Arcivescovo, e anche del Re».

Lo era sicuramente del Sindaco e dell’Arcivescovo mentre i re Borboni tennero in grande considerazione le sue richieste e più volte chiesero il suo aiuto per placare l’ira della popolazione.

 

Un gigantesco albergo per i poveri e gli emarginati

 

Il Real Albergo dei Poveri, gigantesco edificio progettato da Ferdinando Fuga è un esempio delle risposte che seppe dare Carlo III alle richieste di Padre Rocco.

La struttura era destinata a diventare un luogo di accoglienza per i poveri, gli emarginati e di istruzione e avviamento al lavoro per i giovani.

Grazie alla sua eloquenza popolar dialettale riusciva sempre a mettere d’accordo le esigenze del popolo con quelle della Corona.

I suoi sermoni erano memorabili e nelle occasioni di maggiore importanza, usando un’espressione oggi abusata, si potrebbe dire: “riempiva le piazze”.  

Padre Rocco nacque a Napoli il 4 ottobre del 1700, nella parrocchia di San Giovanni in Corte, oggi Sant’Arcangelo degli Armieri, nelle adiacenze dell’attuale piazza Nicola Amore.

I genitori, Francesc’Antonio e Anna Starace, erano originari di Massa Lubrense, leggendaria Terra delle Sirene, sulla penisola sorrentina.

Per seguire la sua vocazione religiosa scelse l’ordine dei domenicani perché devoto alla Vergine e a San Domenico.

 

Padre Rocco e la sorpresa della pia donna 

 

Si racconta che non confessasse le donne. Il motivo pare sia illustrato in un aneddoto, narrato da Alessandro Dumas. Nell’occasione Padre Rocco stava confessando una devota che, a suo avviso, per la sua vita esemplare e morigerata era destinata al Paradiso.

Durante la confessione però mentre la donna elencava le sue virtù più che i suoi peccati, si udì la voce di un bambino che continuava a ripetere: «Mammà».

Il frate uscì dal confessionale e rimase senza parole quando si rese conto che “mammà” fosse proprio la pia donna.

Padre Rocco non riusciva a credere alle proprie orecchie, quindi, chiese una spiegazione alla donna che con molta naturalezza confermò: «È mio figlio».

Ma i conti non tornavano e padre Rocco cominciava a perdere la calma: «Il bambino avrà 6-7 anni. Tuo marito è morto 12 anni fa, come lo spieghi?

 

Compare sì, ma c’è compare e compare

 

La donna sembrò quasi stupirsi di quella domanda e rispose: «È vero, Padre Santo, ma l’ho fatto con un mio compare».

Difficile capire a chi si riferisse la donna. Il “compare” nel linguaggio popolare napoletano ha una doppia accezione. Può significare amante. Ma anche padrino di battesimo o testimone di nozze, per cui tra le famiglie molto vicine questo termine è abbastanza ricorrente.

Comunque, questo dubbio non placò l’ira di Padre Rocco che si slanciò fuori dalla chiesa e non volle più confessare alcuna donna.

 

Padre Rocco e il Real Albergo dei Poveri

 

Padre Rocco però non è famoso solo per il suo carattere e il suo impegno sociale sul territorio. Come abbiamo già visto convinse Carlo III alla costruzione del Real Albergo dei Poveri.

Una struttura che non aveva precedenti. Un edificio in stile Barocco napoletano che, nonostante fosse realizzato solo in parte, era all’epoca tra i più grandi d’Europa.

Con una superfice che si sviluppa su oltre 100.000 metri quadrati. Una facciata di 354 metri, a fronte dei 600 previsti inizialmente, 430 stanze su livelli diversi nelle varie parti. Quasi 300 finestre che danno su piazza Carlo III.

Nella sua lunga storia è stato Carceremanicomioreclusorio. Ma anche scuola di musica di notevole importanza. Centro per l’accoglienza e l’insegnamento di un mestiere agli orfani dell’Annunziata. Scuola per sordomuti.

Avviamento al lavoro e alla rieducazione dei detenuti adulti, poi dei minoriCaserma dei vigili del fuoco e Archivio di Stato

 

Carestia e febbri putride fanno strage nel 1764

 

Nel 1764 però divenne il ricovero di una torma di contadini, poveri, affamati e malati provenienti da tutti i casali di Napoli, per la carestia iniziata nei primi anni del decennio. E successivamente, delle “febbri putride” conseguente alla fase che stremò completamente la popolazione.

Nell’occasione padre Rocco raccolse nel Real Albergo dei Poveri i mendicanti malati.

Ma con l’aggravarsi della situazione la struttura fu trasformata in lazzaretto e il frate con i suoi cinquecento malati dovette trasferirsi. In quello stesso spazio vennero ammassati millesettecento malati di ogni gravità, vivi, morti e moribondi per la fame.

In questa occasione Padre Rocco sostenne anche la richiesta, avanzata a Ferdinando IV, dall’ospedale degli Incurabili per la costruzione di un nuovo cimitero. Le terre sante cittadine, cave e fosse comuni erano ormai esaurite.

 

Padre Rocco e la nascita del Cimitero delle 366 fosse

 

Il successore di Carlo III, al pari del padre si affidò a Ferdinando Fuga per la costruzione del rivoluzionario cimitero di Santa Maria del Popolo comunemente noto come cimitero delle 366 fosse.

Primo esempio di camposanto dedicato esclusivamente agli ultimi fondato su un innovativo criterio di razionalizzazione delle sepolture.

Il rapporto tra Padre Rocco e Ferdinando fu leggermente diverso da quello con Carlo, anche se pur sempre basato sulla reciproca stima.

Ferdinando IV è famoso nella storia di Napoli almeno quanto il domenicano: Re Nasone per il suo aspetto e Re Lazzarone per il suo carattere plebeo.

Temeva Padre Rocco perché non voleva interferenze con la sua vita fatta di numerosi “hobby” più che da impegni di governo.

 

Una settimana di passione per l’epulone Ferdinando

 

Un aneddoto può essere esplicativo del loro rapporto. Dire di Ferdinando che fosse una buona forchetta è un eufemismo. Amava rimpinzarsi con ricette molto elaborate.

Però all’epoca il digiuno della Settimana Santa era rispettato con il massimo rigore. E lui da re cristiano non poteva derogare. Per cui la viveva realmente come una “settimana di passione”.

Inoltre, don Gregorio lo aveva già diffidato, invitandolo a limitare la sua voracità almeno in quella settimana. Ma Ferdinando, che anche se a modo suo era molto religioso, mai si sarebbe sognato di venir meno agli obblighi del buon cristiano.

Però un’intera settimana di sia pur limitata astinenza era una prova troppo dura per un epulone come lui.

 

Le cozze passano dalla culla nel brodo

 

Si inventò quindi una soluzione di compromesso: ordinò ai suoi cuochi di rendere per quella settimana i suoi manicaretti più poveri.

Tra questi una ricetta che aveva ideato lui stesso con le cozze che andava a pescare sugli scogli di Posillipo: le cozzeche dint’ ’a connola, le cozze nella culla. La culla era un grosso pomodoro di Sorrento imbottito con cozze e un raffinato impasto ad hoc.

Per il Giovedì Santo i cuochi rimossero i mitili dalla ricca culla e li collocarono in un brodo più modesto: era nata la zuppa di cozze.  

 

Padre Rocco realizza l’illuminazione pubblica a Napoli

 

Padre Rocco è ritenuto, a ragione, il fautore dell’iniziativa che portò per la prima volta l’illuminazione pubblica in tutta la città.

In precedenza, tutti i tentativi delle autorità erano falliti perché i malfattori distruggevano i lampioni. Ma non si trattava di inutili atti di vandalismo quanto piuttosto di un’esigenza “lavorativa”.

Nei vicoli bui i delinquenti potevano esercitare con maggiore facilità la loro professione. In particolare, era facilitata la rapina con la tecnica della corda tesa. Una fune veniva fissata ai due lati della strada.

Ad un’altezza di 30-40 centimetri, tale da far inciampare il malcapitato e cadere in avanti. Quando questo poveretto era stramazzato al suolo, era facile saltargli addosso e derubarlo.

Per evitare questa spiacevole avventura, i ricchi si facevano accompagnare da un servitore con una lanterna.

I poveri si accodavano a loro, quando facevano la stessa strada. Però, poteva anche capitare che qualche “finto povero” si avvicinasse più del necessario al signore, e lo alleggerisse proprio di quella borsa che gli avrebbero sottratto i furfanti nel buio.  

 

Lo spirito religioso dei furfanti

 

Padre Rocco riuscì a porre rimedio a questa situazione anche se non fu facile. I mascalzoni continuavano a distruggere anche le sue luci.

Sul sistema che utilizzò per raggiungere il suo scopo non tutte le versioni coincidono. Ma in buona sostanza tutte arrivano alla stessa conclusione.

Il frate scelse per ogni strada il numero necessario di famiglie per illuminarla tutta. Diede ad ognuna di loro un’immagine sacra davanti alla quale ogni notte dovevano tenere accesa una lucerna.    

Questa immagine secondo alcuni era la Madonna con il Bambino e in altri casi il Crocifisso. Ma quello che è certo è che i malfattori non osarono distruggere una lucerna posta davanti ad una immagine sacra. Infatti, per quanto possa sembrare strano, quasi tutti i delinquenti, hanno un loro personale senso della religiosità.

Molte di queste immagini illuminate si sono trasformate nel tempo in altrettanti altarini. È sono diventate quelle edicole votive che ancora si trovano abbondanti nel centro storico di Napoli. Ma anche nella provincia. Alcune sono addirittura delle pregevoli opere di architettura sacra.

 

La famiglia reale si appassiona al presepe napoletano

 

Però se l’impegno di Padre Rocco per la costruzione del Real Albergo dei Poveri e l’illuminazione pubblica è noto, lo è molto meno il suo contributo alla diffusione del presepe napoletano.

Quando entrò nel convento dello Spirito Santo divise in due la sua cella e in una delle due vi costruì un suo presepe.

Una passione che volle trasferire anche alla corte di Carlo III. E il re si fece subito contagiare da questa passione e divenne egli stesso un esperto costruttore.

Il presepe del palazzo reale ne è una prova. L’idea fu accolta con entusiasmo anche dalla giovane regina Maria Amalia, che partecipò molto attivamente alla costruzione del presepe.

Con la sponsorizzazione della casa reale, gradualmente si diffuse il desiderio di avere un presepe nella propria casa.

Anche se l’idea di base era avvicinare la gente al culto religioso e alla celebrazione del Natale, prevalse lo spirito creativo, e il sacro fu sopraffatto dal profano.

 

Il presepe dalle chiese arriva anche nelle case

 

Il presepe ha origini molto antiche, ma quello napoletano, che sostanzialmente corrisponde a quello che conosciamo noi, visse il suo periodo d’oro nel Settecento.

Fino a quel momento il presepe era rimasto chiuso all’interno delle strutture ecclesiastiche. Poi nel Settecento arrivò anche nelle case dei nobili che fecero a gara per superarsi in quanto a scenografie e ricercatezza.

Quella che inizialmente era la classica capanna si trovò al centro di un vero e proprio villaggio. Ma i personaggi erano tratti dalla vita popolare settecentesca di tutti i giorni.

Nacque una vera e propria scuola per la realizzazione dei pastori di terracotta, quelli che nell’arco di due secoli hanno trovato la loro patria nelle botteghe di San Gregorio Armeno.   

 

Con Ferdinando IV contro il gioco d’azzardo

 

Padre Rocco morì a Napoli nel 1782 all’età di 82 anni. Dedicò tutta la sua vita procurando ai giovani un lavoro o una collocazione che li potesse sottrarre alla delinquenza.

Ai poveri, ai mendicanti, ai malati cercò di procurare un pasto e un alloggio. Gli ultimi potevano trovare sempre in lui una speranza.

Una delle sue battaglie, non meno importanti delle altre, fu quella contro il gioco d’azzardo che all’epoca era diffusissimo e riduceva alla disperazione una numerosa schiera di napoletani.

E in parte vi riuscì convincendo, con la sua colorita eloquenza, Ferdinando IV a promulgare un editto contro i giochi d’azzardo.

© Riproduzione riservata 

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cookie policy Privacy policy Aggiorna le preferenze sui cookie