Federico II di Svevia
Personaggi storici

Federico II di Svevia, storia dell’inflessibile stupor mundi

Federico di Hohenstaufen, salito al trono del Sacro Romano Impero come Federico II è uno di quei personaggi che segnano un’epoca. Nel suo caso il XIII secolo. A Napoli lo conoscono tutti.

Anche quelli che una sola volta sono stati a piazza Plebiscito. E hanno osservato la facciata della reggia. La sua statua è la seconda sulla sinistra.

Nell’immaginario collettivo la sua figura è quella di un sovrano illuminato sostenitore della poesia e della letteratura. Amava circondarsi da poeti, filosofi, artisti, giuristi. La sua corte era aperta alle più significative culture dell’epoca: greca. araba, ebraica, latina, germaniche e provenzale.

È famoso anche per aver fondato nel 1224 la prima Università statale laica d’Occidente. Quella che attualmente, a Napoli porta il suo nome: l’Università degli Studi Federico II.

In assoluto la prima era quella di Bologna, l’Alma Mater Studiorum, che in verità era anche la prima al mondo e risaliva all’XI secolo. Ma era privata e sotto il controllo del Vaticano. Fornì il suo contributo anche alla crescita della Scuola Medica Salernitana.

 

Stupor mundi e puer Apuliae

 

Tuttavia, immaginare che Federico II sia diventato lo stupor mundi, meraviglia del mondo, solo perché sostenitore della cultura sarebbe eccessivo.

Tanto più che la locuzione stupor mundi è propria del lessico militare. Nel mondo romano l’espressione consacrava le qualità del comandante vincitore di una grande campagna militare.

Naturalmente non si può negare che meriti ampiamente questo appellativo per le sue poliedriche qualità intellettive. Approfondì studi di filosofia, astrologia, matematica, algebra, medicina, scienze naturali, economia e tant’altro ancora. Pare che parlasse anche sei lingue.

Gli fu attribuito anche l’appellativo di puer Apuliae, giovanetto di Puglia, vale a dire del Sud Italia.

Federico di Svevia fu un gigante della politica europea dal 1208, quando assunse il potere del regno della Sicilia, come Federico I, fino alla sua morte avvenuta nel 1250.

 

Nipote del grande Barbarossa, figlio del meschino Enrico VI

 

Era nipote del famoso Federico Barbarossa e figlio di Enrico VI detto il Crudele. Appellativo ampiamente meritato.

Si era guadagnato l’odio dei siciliani per la sua condotta sanguinaria. Tant’è che alla sua morte i sudditi ritennero che la giustizia divina avesse colpito un “animale in forma umana”.

Un esempio eclatante della sua brutalità colpì coloro che si erano opposti alla sua conquista della Sicilia. Furono tutti mandati al rogo.

Ma ordinò un’azione ancora più ripugnante nei confronti di coloro che erano già stati sepolti. Li fece disseppellire per strappare loro i simboli nobiliari.

Dalle cronache dell’epoca viene descritto come l’esatto contrario del figlio Federico. Già dal fisico. Era basso e macilento.

Privo di personalità. Ottuso, privo di scrupoli, poco onorevole, falso e bugiardo. Poco regale nel comportamento, non onorava nemmeno la parola data.

Insomma, è incomprensibile come un personaggio così meschino si collochi tra le due titaniche figure di Federico padre e Federico figlio.

 

Sport e studio per il giovane Federico

 

A quattro anni Federico II rimase orfano del padre e della madre Costanza d’Altavilla, che prima di morire lo affidò a papa Innocenzo III. Affido che fruttò al papa 3750 “scifati” per l’educazione del piccolo. Una bella cifra per le casse vaticane. Equivalente a 30.000 talenti d’oro.

Infatti, lo scifato era una moneta di origine bizantina. Era di forma concava come una scodellina, composta da una lega di oro e argento.

Sulla sua infanzia nella reggia di Palermo se ne sono raccontate tante. Ma perlopiù si tratta di aneddoti quasi tutti inventati.

Il piccolo Federico, sia pure senza l’affetto dei genitori, visse in un ambiente stimolante. La corte reale era la perfetta fusione delle civiltà d’Oriente e d’Occidente.

Il fanciullo impegnava le sue giornate nello studio e nell’attività fisica. Con la ginnastica si formò un corpo armonioso oltre che sano e robusto.

Nei pochi anni vissuti assieme, la madre aveva cercato di educarlo secondo rigidi principi cristiani. Una forma di ottusità in netto contrasto con l’ambiente brillante e multietnico in cui viveva.   

 

Lontano dalla corte ma vicino alle pulzelle

 

I vari Reggenti, controllati dal papa, e che avrebbe dovuto interessarsi a lui, neanche lo vedevano. Ma per Federico non fu un gran male.

Fu libero di vivere come un qualunque ragazzo della sua età. Trascorrere le sue giornate senza obblighi formali tra la servitù. E rispondere con entusiasmo alle avances del gentil sesso.

Infatti, fu sempre molto sensibile al fascino femminile. Anzi parafrasando il Carlo Martello di De Andre’ si potrebbe dire: «Cavaliere egli era assai valente. Ed anche in quei frangenti d’onor si ricopriva». La conferma di questa sua passione sono i 18 figli illegittimi.

Del resto oltre che il titolo lo aiutava anche l’avvenenza. Appena adolescente viene descritto come di statura superiore alla media per la sua età. Struttura fisica notevole e dotato di grande forza e resistenza. Come dimostra la sua giornata tipo.

Si dedicava durante il giorno ad attività ginniche, addestramento alle armi e all’equitazione. Alla fine di queste giornate massacranti, Federico invece di riposare si dedicava allo studio.

 

Tutti uguali nel Regno. I feudatari un po’ di meno

 

Il 26 dicembre del 1208, al compimento del quattordicesimo anno d’età divenne maggiorenne. Liberatosi quindi dalla tutela di Innocenzo III, mise subito in chiaro le cose: da quel momento le sue decisioni non avrebbero ammesso interferenze. Ed era prevedibile. La fermezza era insita nel suo carattere.

Fu un paladino della giustizia. Nel suo impero tutti avevano gli stessi diritti. Nobili, feudatari, vassalli e tutti gli altri sudditi. Un messaggio che andava in particolar modo ai feudatari: non avevano alcun privilegio.

Quindi non solo dovevano rispettare anche i diritti degli altri, ma avevano obblighi aggiuntivi nei confronti del re. Dovevano chiedere il permesso per sposarsi o erigere castelli.

Anzi per essere ancora più chiaro fece abbattere tutti i castelli e le roccaforti costruite senza il suo consenso. Un intervento ante litteram contro l’abusivismo.

Naturalmente si può immaginare la violenta reazione dei feudatari di fronte a questa deminutio capitis.

Ma la durezza di Federico II nei confronti dei baroni non era ingiustificata. Infatti, erano sempre pronti a tramare contro di lui o ad allearsi con i suoi nemici. Una continua sfida contro l’autorità sovrana.

 

Rapporti con la Chiesa: da calmi e molto mossi

 

Con la Chiesa i rapporti rimanevano tranquilli fino a quanto non ci fossero tentativi di interferenza da parte del clero locale o del papa. Federico non era molto religioso ma rispettava i ruoli e le concessioni fatte al potere ecclesiastico.

Raggiunta la maggiore età e guidato dalla lungimiranza di Innocenzo III, sposò Costanza d’Aragona, vedova di Emerico re d’Ungheria e sorella di Pietro il Cattolico, di dieci anni più grande di lui.

Con questo matrimonio Federico acquisiva nuove alleanze nel Mediterraneo e un piccolo esercito che accompagnava la sposa. Cinquecento cavalieri ben armati utili a contrastare le tante rivolte che stavano scoppiando tra Sicilia e Calabria.

Ma c’era un pericolo ben più grande e arrivava dalla Germania. Nel 1209 Innocenzo III aveva riconosciuto e incoronato come imperatore Ottone IV di Brunswich. In cambio Ottone si era impegnato a starsene buono senza avanzare pretese sull’Italia.

 

Federico II di Svevia diventa imperatore

 

Ma giusto il tempo di promettere che già stava rivendicando i suoi diritti sull’Italia in base all’antiquum ius imperii. Il papa non tollerò questo affronto e arrivò a scomunicarlo.

Ma l’imperatore lo ignorò. Discese tutta la penisola trovando disponibilità più che opposizione da parte dei feudatari.

E ovviamente i baroni del Regno di Sicilia come d’abitudine non esitarono a schierarsi contro il proprio sovrano.

Le cose per Federico si stavano mettendo proprio male. Intervenne in suo aiuto il papa. Con una nuova scomunica sciolse i sudditi di Ottone IV dall’obbligo di fedeltà e obbedienza.

Una mossa che fece il vuoto intorno all’imperatore. Quindi nella Dieta di Norimberga, Innocenzo III lo depose, devolvendo l’impero a Federico II di Svevia.

 

Federico II sbaraglia Ottone IV nelle Fiandre

 

Questi eventi segnarono per Napoli un periodo di caos totale. Non si capiva chi detenesse effettivamente il potere.

I sostenitori di Federico II e di Ottone IV erano contrapposti. Ma tra i due litiganti ebbe la meglio l’Arcivescovo che poteva contare sul sostegno del popolo.

Nel 1214 la vittoria di Federico nelle Fiandre chiuse definitivamente il capitolo Ottone IV, che dopo quattro anni passò a miglior vita lasciando tutto l’impero, per quanto mal ridotto, nelle mani del puer Apuliae.

Le condizioni del Regno di Sicilia non erano migliori. Anzi la mancanza di un potere forte e il costo delle guerre era stato devastante per tutte le attività economiche e marittime.

Il 9 dicembre 1212 Federico venne incoronato imperatore nel duomo di Magonza senza però che la sua totale sovranità fosse sancita.

Questo avvenne nel 1215 quando Federico ricevette l’incoronazione che completò quella di Magonza. E poté entrare trionfalmente a Costanza.

 

Oltre un decennio per una grandiosa opera legislativa

 

Dopo circa un decennio, nel 1231, Federico riuscì a creare un grandioso impianto politico, amministrativo e legislativo.

Il Regno di Sicilia era il fulcro del suo impero. Quindi da qui avviò nel 1220 una grandiosa opera legislativa che si completò nel 1231 con la promulgazione delle Costituzioni.  

Il risultato fu una modernizzazione della macchina burocratica, politica e amministrativa dell’impero. Con criteri che precorrevano i tempi di almeno un secolo.

Sotto il profilo fiscale Federico II non si guadagnò l’affetto dei napoletani. L’abolizione dei privilegi e delle concessioni accordate dai sovrani normanni, comportò indirettamente l’aumento delle tasse. E risultò molto indigesta.

Ma fu l’unico vero neo della sua politica interna. Infatti, allo stesso tempo fu prodigo di provvedimenti che trasformarono Napoli in una città cosmopolita. Punto di incrocio tra popoli e culture diverse. Anche grazie all’impulso che fornì ai traffici marittimi e commerciali.

Nel porto di Napoli scaricavano le proprie merci navi provenienti da altre zone dell’impero, dai paesi del Nord Africa, dalla Spagna, dalla Francia, dall’area ellenica e dall’Oriente.

 

Federico II abolisce la libera circolazione delle armi

 

Federico II introdusse delle restrizioni normative che per noi sono ovvie ma all’epoca erano rivoluzionarie. L’esercizio della Giustizia e della pubblica sicurezza come potere esclusivo dello Stato.

In altre parole, era finita l’epoca dei soprusi sui più deboli, la legge diventava di fatto uguale per tutti.

Le prime “vittime” di queste leggi, tanto per cambiare, furono i feudatari che nelle proprie terre esercitavano una sorta di potere assoluto.

Quindi, con diversi secoli d’anticipo, Federico II fece quello che nessun presidente americano è riuscito a fare: vietare la libera circolazione delle armi.

Anzi fece ancora di più facendo disarmare tutti coloro che non avevano motivo di possedere un’arma. La sicurezza dei cittadini era garantita esclusivamente dalle milizie della corona.

Per il sovrano svevo l’unico potere che non poteva essere messo in discussione era il suo. Gli altri, che fossero nobili, religiosi, prelati o popolani non faceva differenza. Erano tutti uguali.

Ed era questo il motivo principale della sua antipatia per i baroni, che spesso agivano contro le sue disposizioni e non di rado si schieravano contro.

 

Dal tranquillo Onorio III al terribile Gregorio IX

 

Alla morte di Innocenzo III fu eletto al soglio pontificio Onorio III, uomo tranquillo e molto avanti con gli anni. Troppo benevolo con Federico per contrapporre il potere della Chiesa a quello dell’Impero.

Però era fissato con la crociata che lo svevo non si decideva ad organizzare. Non credeva nella buona fede di Federico, che non poteva allontanarsi dal Regno di Sicilia mentre era impegnato nella sua riorganizzazione.

Nel 1227 Onorio III morì senza ottenere la crociata. Ma il suo successore, Gregorio IX era fatto di tutt’altra pasta. E come se non bastasse era stato a capo dei Guelfi contro l’imperatore.

Quindi dire che non vedesse di buon occhio gli Svevi è un puro eufemismo. E già durante il pontificato di Onorio III aveva fatto di tutto per istigarlo ad agire contro Federico II.

 

Con Gregorio IX, difficile convivenza tra Papato e Impero

 

È chiaro che con questo papa non c’era da farsi troppe illusioni su una pacifica convivenza. Infatti, Gregorio IX si presentò subito mettendo in chiaro che non intendeva tollerare il procrastinarsi della crociata.

L’imperatore senza aspettare che le tensioni potessero aumentare organizzò l’esercito. Ma una terribile pestilenza decimò le truppe prima della partenza. E colpì lui stesso.

Motivo quindi più che valido per giustificare un rinvio dell’operazione. Ma non per chi, prevenuto, aspetta ogni occasione per aggredire il presunto nemico.

Minacciò di scomunicarlo se non fosse partito, ben sapendo che era impossibile. Quindi lo scomunicò. Un atto che portò ad uno scontro aperto tra Papato e Impero.

Una tensione che turbava l’imperatore ma non dispiaceva al papa. Comunque, Federico dopo un anno partì per la Terrasanta per la sesta crociata.

Non prima però di aver preso le precauzioni necessario perché sapeva bene che il papa avrebbe sfruttato la sua assenza cercando di riunire tutti i suoi oppositori.

Nominò Rainaldo di Urslingen suo sostituto in Italia durante l’assenza e in caso di sua morte, nominò erede suo figlio Enrico.

 

La crociata di Federico II e la vittoria negoziata

 

La sua vittoria fu straordinaria perché ottenuta senza combattere una sola una battaglia. Infatti, dopo una negoziazione con il sultano d’Egitto firmò un armistizio di dieci anni. E ottenne il possesso di Gerusalemme.

Federico aveva sposato nel 1225 la tredicenne Jolanda di Brienne regina di Gerusalemme. Titolo solo onorario ma molto prestigioso. Quando tre anni dopo la giovane morì l’erede Corrado non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Per cui Federico divenne Reggente.

Quindi come erede al trono, in quanto marito di  Jolanda di Brienne, si cinse la corona di re di Gerusalemme nella basilica del Santo Sepolcro . Questa vittoria ottenuta nello stile proprio di Federico evitando inutili spargimenti di sangue mandò su tutte le furie il papa.

Al punto che se la prese con il clero di Palestina per aver permesso ad uno scomunicato di autoincoronarsi nella chiesa del Santo Sepolcro.

Ovviamente erano solo pretesti per giustificare gli eventi successivi. Infatti, al di fuori di ogni logica confermò la scomunica al sovrano che era tornato vincitore da una guerra santa. Anzi a rincarare la dose sciolse il popolo dal giuramento di fedeltà.

 

L’esercito dei ‘clavisegnati’

 

E lavorando nell’ombra, radunò un esercito con coloro che avevano rinnegato il giuramento di fedeltà al re. Milizie che si definirono clavisegnati perché il loro vessillo si fregiava del simbolo vaticano delle chiavi di San Pietro.

Questo esercito di voltagabbana arrivò a Brindisi per attendere lo sbarco dell’imperatore. Federico II tornava dalla crociata insieme alle sue truppe stanche. Quindi non pronto ad affrontare una battaglia.

Una situazione critica. Tanto più che si stavano moltiplicando le rivolte in molte città del Regno.

Per sua fortuna, Napoli gli rimase fedele e gli fornì gli uomini e i fondi necessari per sconfiggere quello che in pratica era l’esercito papale. Anche se Gregorio IX non si era esposto in prima persona.

Tuttavia, nonostante questo ennesimo atto teso a rovesciare l’impero svevo, Federico non volle infierire sul nemico sconfitto e il 23 luglio del 1231 firmò il trattato di pace.

 

Un duro colpo per Federico II la rivolta del figlio

 

E continuò a tenere un rapporto di deferenza con la Santa Sede. Incontrò il papa ad Anagni e in tre giorni di colloqui posero le basi per un periodo di “non belligeranza”.

Sistemata questa vicenda lo svevo ritornò nel suo esagitato Regno. Però questa volta nemmeno il suo innato spirito di tolleranza riuscì a fargli digerire il tradimento di coloro che avevano cercato di eliminarlo. E non furono pochi coloro che pagarono le conseguenze delle proprie azioni.

Ma il destino aveva in serbo per lui una prova molto difficile. Il figlio Enrico, re di Germania si era rivoltato contro di lui.

Ovviamente Federico che era tollerante con tutti, non poteva negare al figlio la possibilità di rimediare alle proprie colpe. Lo convocò a Ravenna per chiarire la vicenda e ripartire con il piede giusto.

Ma il giovanotto non si presentò. Ancora una volta il padre mantenne la calma e lo riconvocò ad Aquilea.

 

L’ira di Federico II contro il figlio ingrato

 

In questo caso Enrico arrivò con il capo cosparso di cenere e fece atto di sottomissione al padre.

Ma non passò molto e il re di Germania diede prova della sua grande somiglianza con il nonno di cui portava il nome. Infatti, come Enrico VI, venne meno al giuramento e ricominciò a tramare contro suo padre.

A questo punto Federico II si rese conto che questo comportamento metteva in discussione la sua autorità.

Per cui anche se il colpevole era suo figlio doveva essere punito. Ma gli volle concedere ancora una possibilità. Gli chiese un nuovo atto di sottomissione.

Per tutta risposta Enrico non si presentò. A questo punto Federico fu implacabile. Si rivolse al Papa e fece scomunicare il figlio. Quindi lo fece imprigionare e sposò Isabella d’Inghilterra, vale a dire quella che stava per diventare la moglie dell’indegno figlio.

 

La strana riconoscenza di Gregorio IX

 

Enrico, non fu più liberato e morì sei anni dopo in un anonimo castello pugliese. E per Federico fu comunque un grande dolore. Che si aggiunse a quello per la morte della sua adorata moglie Isabella.

In Germania dopo aver risistemato le cose lasciò sul trono il secondogenito Corrado di appena otto anni. Poi dovette precipitarsi in Italia per debellare l’insurrezione dei comuni contro il papa.

In segno di riconoscenza il pontefice riprese le ostilità contro l’imperatore fino a ricorrere alla sua arma prediletta: la scomunica.

Il papa aveva 96 anni ma la sua animosità era ancora accesa. E non lo frenava nemmeno la certezza che Federico avrebbe potuto ridurlo ai minimi termini.

 

Federico II imprigiona vescovi e cardinali

 

Infatti, l’imperatore glielo dimostrò presentandosi alle porte di Roma. Il papa tremò e gli andò incontro, in processione, proteggendosi dietro le reliquie dei santi Pietro e Paolo.

Ma si era trattato solo di un atto dimostrativo per cui l’esercito non andò oltre e tornò a Napoli. L’ennesimo atto di clemenza inutile.

Gregorio IX sempre più rancoroso convocò un Concilio per attaccare ancora l’imperatore, che stavolta perse la pazienza. Con la sua flotta fece bloccare la nave che conduceva i prelati verso il Concilio.

Un centinaio di vescovi e cardinali furono presi, trasportati a Napoli e incarcerati. Sulla terraferma invece le truppe imperiali sconfissero una coalizione guelfa di comuni italiani.

 

I prelati incarcerati impediscono l’elezione del papa 

 

Il papa inviperito decise di rinchiudersi volontariamente in Laterano rifiutando l’ennesimo ramoscello d’ulivo che Federico gli porgeva. Comunque, nell’odio stava consumando gli ultimi giorni della sua vita terrena. Morì il 22 agosto del 1241 alla veneranda età di 97 anni.

L’elezione del nuovo pontefice non fu facile. Infatti, Pietro Celestino IV eletto dopo due mesi, morì dopo 15 giorni.

Con i prelati imprigionati nelle carceri napoletane, raggiungere l’accordo in conclave si dimostrò impresa ardua.

Erano più i contrasti che gli accordi. E come se non bastasse scoppiò anche una pestilenza a Roma per cui non fu più possibile riunirsi.

Nel Regno di Sicilia, dopo più di un anno il popolo era in fermento con il clero che soffiava sul fuoco. Il sovrano era ritenuto il responsabile della mancata elezione del papa.

Federico messo alle strette e per evitare che le tensioni continuassero ad aumentare liberò i prelati.

 

Nel segno della continuità viene eletto Innocenzo IV

 

E finalmente venne eletto il nuovo pontefice: Innocenzo IV. Nel segno della continuità con Gregorio IX. Non aveva l’irruenza del suo predecessore ma le sue azioni erano più efficaci perché più ragionate.

Infatti, anche in questo caso i ripetuti gesti distensivi dell’imperatore cadevano nel vuoto. L’apertura di ospedali e orfanotrofi. Gli interventi per contrastare la povertà. La costruzione di luoghi di culto e privilegi ai religiosi. Tutto inutile.

Passarono due anni prima che il nuovo papa concedesse un colloquio all’imperatore. Incontro positivo che convinse il papa a riconoscere Federico principe cattolico e suo figlio devoto.

Naturalmente era tutto pro forma e ben presto ricominciarono i contrasti e ancora una volta l’imperatore si ritrovò scomunicato.

 

Federico II scomunicato per la seconda volta

 

Ma Innocenzo IV non si limitò a questo. Portò la sua ingerenza fino in Germania, dove contrappose agli Hohenstaufen il langravio di Turingia Enrico Raspe, che sconfisse Corrado a Francoforte sul Meno.

Per Federico II, in Italia le cose non andavano meglio. Gli oppositori aumentavano, sempre fomentati dal clero. In ogni parte del Regno scoppiavano rivolte. E contro di lui, i suoi familiari e i più fedeli collaboratori venne ordito una congiura, che per un caso fortunato fu scoperta e sventata.

L’imperatore esasperato non ebbe pietà di nessuno dei congiurati. Uomini, donne, prelati, baroni, religiosi, aristocratici e appartenenti a qualsiasi ceto sociale furono catturati. E chi non fu giustiziato subì crudeli torture. Inutile dire che dietro questi intrighi c’era Innocenzo IV.

Federico II di Svevia morì il 13 dicembre del 1250 a Fiorentino di Puglia. Aveva 56 anni e fu tumulato nel Duomo di Palermo, dove riposa tuttora.

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