Palazzo Penne il palazzo del diavolo
Leggende

Palazzo Penne a Napoli, la leggenda del diavolo beffato

Il diavolo a Napoli sembra starci da dio. Si trova nei quadri, come quello di una chiesa a Mergellina. Nei conventi, tra cui quello dei Girolamini. E persino in un edificio, palazzo Penne noto come Palazzo del diavolo.

Questo immobile, che in realtà è Palazzo Penne, si trova nel cuore del Centro storico di Napoli, nei pressi del Largo Banchi Nuovi, in piazzetta Teodoro Monticelli.

Un palazzo rinascimentale, il cui progetto viene attribuito ad Antonio Baboccio da Piperno. Fu edificato nel 1406, come attesta l’epigrafe sul portale, da Antonio Penne, stimato segretario del re di Napoli Ladislao I D’Angio-Durazzo.

Un re inguaribile dongiovanni, che contribuì indirettamente alla nascita di un famoso detto napoletano. Di cui però è protagonista la moglie, contessa Maria d’Enghien, che i napoletani chiamavano Maria Vrienna.

 

«Non me ne curo, ché se moro moro da regina»

 

Maria, già regina di Sicilia, sconfitta da Ladislao aveva deciso di sposarlo in seconde nozze, nonostante l’opposizione preoccupata degli amici e degli alleati.

Infatti, pare che tutte le precedenti mogli del re fossero morte prematuramente, e in circostanze poco chiare.

La contessa però valutando i pro e i contro aveva detto ai malpensanti: «Non me ne curo, ché se moro, moro da regina». E arrivò molto vicina a questo epilogo.

Infatti, dopo aver condiviso il marito con dozzine di amanti rimase vedova quando Ladislao, stroncato da una malattia dovuta alla sua intensa e promiscua attività sessuale, morì ad appena 38 anni,

E purtroppo per Maria, a succedergli fu la nipote Giovanna II, che dallo zio oltre al trono ereditò anche la perversione: era quella che uccideva gli amanti dopo l’uso.

 

Il guadagno di Maria Brienna

 

Maria era antipatica a Giovanna, per cui concluse nelle segrete di Castel dell’Ovo la sua esperienza di regina di Napoli.

Da qui il famoso detto: Fa’ ’o guaragno e Maria Vrienna (Fare il guadagno di Maria Brienna) cioè un affare all’apparenza vantaggioso che si conclude in un fallimento.

Il segretario Antonio Penne invece pur non essendo un donnaiolo, al contrario del suo re, non era immune al fascino femminile. Si innamorò follemente di una donna incantevole. Forse la più bella di Napoli.

Sognava di poterla sposare. Ma la concorrenza era agguerrita. E come tutte le donne con troppi corteggiatori, anche lei era un po’ capricciosa.

Oltre che molto lungimirante. Infatti, pronti a donarle il proprio cuore ed enormi patrimoni, c’erano un gran numero di ricchissimi pretendenti.

 

La leggenda diabolica di Palazzo Penne

 

La leggenda nasce proprio dalle difficoltà di quest’uomo di piegare la ritrosia della sua amata e convincerla a sposarlo.

Antonio Penne, aldilà del suo patrimonio, era comunque un dignitario di corte e per il rispetto che gli si doveva, non poteva essere liquidato con troppa sufficienza.

Tuttavia, sembra di capire, che la donna non condividesse la sua focosa passione. Per cui gli disse che avrebbe accettato di sposarlo, ma pose una condizione.

L’aspirante alla sua mano avrebbe dovuto costruire un palazzo da offrirle come dono di nozze. Ma avrebbe dovuto farlo in una notte.

Un’impresa impossibile, di fronte alla quale chiunque si sarebbe arreso e qualcuno si sarebbe anche stizzito ritenendosi preso in giro.

 

Antonio Penne come il dottor Faust

 

Antonio invece non si perse d’animo, anzi decise di giocarsela. Quindi, come il Faust di Goethe che aveva trattato con Mefistofele, lui decise di fare altrettanto con Lucifero.

Un diavolo dal passato piuttosto contraddittorio. Adorato come divinità dai filistei, con l’appellativo di Signore delle mosche, divenne in seguito Signore della casa degli inferi, e principe dei demoni nel Nuovo Testamento.

Belzebù comunque accettò la proposta di costruire il palazzo in una notte. In cambio chiese l’anima di Penne.

L’accordo fu sottoscritto con un patto siglato col sangue. Penne però sia pur folle d’amore non era diventato stupido in assoluto, e volle aggiungere una piccola clausola all’insolito contratto.

 

In una notte nasce il Palazzo del diavolo

 

Belzebù non si oppose, realizzò il Palazzo del diavolo e passò all’incasso per riscuotere. Ma dovette fare i conti con l’astuta mossa di Penne.

Infatti, la postilla prevedeva che per poter prendere l’anima, Belzebù doveva contare esattamente il numero dei chicchi di grano che il segretario aveva sparso in giardino.

Un’inezia per il demonio se la vittima designata non fosse ricorsa ad un ingegnoso escamotage, spargendo insieme al grano anche della pece liquida.

Di conseguenza il “povero diavolo” si ritrovò ad inzaccherarsi le mani e gli artigli in quella poltiglia appiccicosa, senza riuscire a mantenere il conteggio.

Infatti, in numero risultò inesatto: mancavano cinque chicchi. Belzebù non accettò sportivamente quella sconfitta e andò su tutte le furie.

Ma prima che la situazione precipitasse Penne si fece il segno della croce e nel cortile si aprì una voragine che inghiottì il demonio.

 

La maledizione ‘colposa’ di Palazzo Penne

 

Il pozzo scavato durante la caduta è stato successivamente chiuso. Ma in profondità evidentemente il demonio è rimasto imprigionato e continua a mandare le sue maledizioni.

Infatti, Palazzo Penne, il cosiddetto Palazzo del diavolo, una meraviglia architettonica fu acquistata dalla Regione Campania nel 2002, e inizialmente destinata all’Università Orientale, per la creazione di un polo d’eccellenza.

Ma i lavori non partirono mai. E nel 2007 nemmeno l’intervento del presidente Napolitano, dell’Unesco e di famosi intellettuali riuscirono a frenare l’abusivismo che stava dilagando all’interno del palazzo. Né riuscirono ad ottenere la ripresa dei lavori per il recupero dell’immobile.

 

Dopo ‘l’indulgenza plenaria’ si cerca di ricostruire

 

Nel 2008, per il danneggiamento e il mancato recupero di una struttura storica e artistica venne aperta un’inchiesta, che vide tra gli indagati anche Antonio Bassolino e il rettore dell’Orientale Pasquale Ciriello.

Tuttavia, nel 2013 il Tribunale stabilì che “nessuno aveva colpe”, anzi che “il caso non sussisteva”, per cui tutti gli imputati vennero assolti.

Attualmente il palazzo del diavolo è solo un edificio degradato. Anche se pare che qualcosa si stia muovendo, grazie all’impegno di numerose associazioni e qualche politico per cercare di restituirlo alla collettività.  

 

Ma come si conclude la leggenda di Palazzo Penne? 

 

Comunque, in conclusione è lecito chiedersi: quali frutti ottenne Antonio Penne da questa impresa?

Il finale non è univoco. Secondo alcuni gli sforzi dello spasimante furono inutili. La promessa sposa nonostante tutto lo rifiutò.

Secondo un’altra versione, più favolistica, i due si sposarono. E il giorno delle nozze il diavolo si presentò per ottenere quello che era suo.

Ma come concordato, Antonio lo portò nel cortile e mettendo in atto il suo astuto piano, lo sconfisse. Quindi novello San Michele Arcangelo tornò dalla sua sposa. E vissero felici e contenti?

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