vassoio di babà
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Origini del babà napoletano, storia e leggenda

Un re imbestialito, una torta arida e una bottiglia di rhum gli ingredienti del primo babà della storia. Un’alchimia non verificatasi però all’ombra del Vesuvio ma tra le nebbie dell’Alta Lorena, nella Francia Settentrionale.

Non che sia un caso unico. La pizza, la sfogliatella, il gioco del lotto e persino ’O sole mio, sono nati lontano da Napoli. Eppure sono legati indissolubilmente alla città partenopea.

L’inventore brillo del babà fu il re di Polonia Stanislao Leszczyński, suocero di Luigi XV, durante il esilio a Luneville nel Ducato di Lorena.

Babka ponczowa è il nome che gli fu attribuito dallo stesso sovrano. Pare sia stato ispirato da Alì Babà il famoso ladrone della Mille e una notte, libro che più di tutti faceva volare la sua fantasia del sovrano.

Improbabile l’ipotesi che a suggerirne il nome sia stata una tipica gonna a campana delle donne anziane in Polonia, Babka, perché la forma a fungo che conosciamo noi è stata creata in seguito. 

 

La cupola di Santa Sofia a Costantinopoli sul babà

 

L’autore di questa innovazione fu il giovane e brillante pasticciere polacco, Nicolas Sthorer, ispirandosi alla Cupola di Santa Sofia a Costantinopoli.

 

Pâtisserie Stohrer parigi
La pâtisserie Stohrer in rue Montorgueil 52 a Parigi: la culla del babà

La storia del babà parte comunque, senza colpe, dalla sconfitta di Stanislao Leszczyński, re di Polonia.

Stanislao insieme a Carlo XII di Svezia aveva sfidato la potenza di Pietro il Grande, zar di tutte le Russie e dei suoi alleati Prussiani e Austriaci.

Ma le cose non andarono come aveva, con una certa spavalderia, immaginato e ne uscì con le ossa rotte al pari del suo alleato.

Era il 1709 e per il povero Stanislao iniziarono anni di fughe, esili, mancati accordi e persino un nuovo breve periodo sul trono polacco. Ma tirando le somme gli andò tutto storto.

Si ritrovò addirittura con una taglia sulla testa messa dai russi e, alla fine, se la cavò solo grazie ai rapporti di parentela con Luigi XV. Ottenne i Ducati di Lorena e Bar, ma sarebbe più esatto dire vi fu relegato.

Ormai sessantenne non dovette trascorrere giorni felici. Del resto quali distrazioni può avere un re privato del suo trono e messo per compiacenza in una gabbia dorata?

 

Il gourmet sdentato e la torta secca

 

Era un raffinato buongustaio ma pare fosse quasi sdentato per cui doveva accontentarsi di quello che poteva mangiare. Come ad esempio il Gugelhupf una ciambella dolce e soffice tipica dell’Europa centrale.

Quella che servivano a Stanislao doveva però essere troppo secca per uno che non poteva masticare. Avevano provato a bagnarla col Madera ma senza successo. Di conseguenza il re considerava questo dolce una vera schifezza.

Ma per qualche motivo continuavano a propinarglielo con ostinazione. Ovvio che un giorno di particolare indolenza, magari sotto l’effetto di qualche bicchierino di troppo, trovandosi ancora davanti quella torta l’abbia scagliata via in malo modo.

 

Lo scontro tra gugelhupf e rhum

 

 L’indesiderato Gugelhupf terminò la sua corsa dall’altra parte del tavolo rovesciando una bottiglia di rhum che a sua volta si svuotò sul dolce inzuppandolo.

 

Gugelhupf
Il Gugelhupf, dolce alsaziano tipico dei paesi del Centro Europa

L’acquavite delle Antille ebbe un effetto rigenerante sul triste dolce alsaziano, che assunse un colore ambrato e un aspetto allettante. E Stanislao non poté fare a meno di affondare il cucchiaio nella soffice pasta e assaggiare.

Lo assaggiò e si rese conto che quel nuovo dolce “era un vero babbà”.

Ma questo era solo l’inizio del viaggio che lo avrebbe portato a Napoli. Dovette fare tappa per un lungo periodo in Francia.

Fu portato a Parigi da Nicolas Sthorer, pasticciere al servizio di re Stanislao a Luneville.

Si trasferì in Francia al seguito della figlia di Stanislao, Maria, che andava a sposare Luigi XV.

E aprì il suo laboratorio a Parigi in rue Montorgueil 52 dove si trova tuttora la Pâtisserie Stohrer.

 

Con i monsù arriva a Napoli anche il babà

 

Il babà arrivò a Napoli insieme a tante altre specialità della cucina francese per l’avversione che aveva Maria Carolina d’Austria per quella partenopea.

Maria Carolina, moglie del re di Napoli Ferdinando IV, il famoso re lazzarone, era anche la sorella di Maria Antonietta. Famosa anche lei, ma per aver perso “letteralmente” la testa durante la Rivoluzione francese.

 

Maria Carolina d'Austria
La sedicenne regina di Napoli Maria Carolina d’Austria, ritratta da Anton Raphael Mengs

Tuttavia prima di questo tragico evento la regina francese ebbe modo, per accontentare la sorella, di mandare a Napoli alcuni suoi “chef stellati”.

L’idea di Maria Carolina era quella di sostituire i sapori forti della cucina partenopea con quelli delicati della francese. In pratica l’antenata della nouvelle cuisine.  

In effetti questi cuochi erano veramente bravi tanto da guadagnarsi l’appellativo di monsù vale a dire la storpiatura dialettale di Monsieur, signore.

Di sicuro non hanno contaminato e tantomeno sostituito i sapori della cucina napoletana anche se hanno portato un gran numero di novità sulle nostre tavole. Tra questi il gâteau (gattò), la besciamella, il gradin, lo sciou, il sartù, la torta Saint Honoré.

E naturalmente il babà che per qualche inspiegabile motivo, dopo un viaggio di migliaia di chilometri, è diventato uno dei simboli della città di Napoli.

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