Pizza Margherita
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La pizza napoletana, dagli Etruschi alla regina Margherita

La pizza napoletana è fatta di “gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale e capacità di maneggiare l’impasto”. Lo sostiene l’Unesco che con questa motivazione ha innalzato l’Arte del pizzaiuolo napoletano a Patrimonio immateriale dell’umanità.

Un riconoscimento che fissa dei canoni invalicabili per un prodotto unico nella sua semplicità. Ma nonostante tutto, il più imitato nel mondo.

Esistono persino imitazioni d’autore. Come quella dello chef  stellato Carlo Cracco che nel suo nuovo ristorante milanese ha presentato una estrosa versione di una Margherita che con la Margherita ha in comune solo qualche ingrediente.

 

pizza Craccp
La discussa pizza Margherita dello chef Cracco

 

Ciò non toglie che possa essere buonissima, anche in considerazione dei 16 euro che costa, tuttavia non può essere “spacciata” per MargheritaComunque, non ha senso scandalizzarsi.

Per il vecchio marpione “profanare” la Margherita è l’ultimo dei suoi pensieri. Lo scopo era quello di ottenere pubblicità gratuita ed è stato raggiunto.

 

La globalizzazione della pizza

 

Del resto, pizze di ogni forma, misura, farcitura, ingredienti diversi vengono realizzate e vendute in ogni angolo della terra. Tutte fanno riferimento alla specialità napoletana ma il più delle volte sono tutt’altro alimento.

Negli Stati Uniti, grazie anche a colossi quali Godfather’s, Pizza Hut, Papa John’s, Domino’s pizza, il 94% degli americani mangia almeno una pizza al mese e due terzi delle famiglie ne conservano almeno una nel freezer.

In Italia, secondo le stime fatte da L’Espresso nel 2013, ci sono 42 mila pizzerie, quelle d’asporto sono 21 mila e contano 100 mila addetti. Di questi 65 mila sono italiani, 20 mila egiziani, 10 mila marocchini e 5 mila dell’Est Europa, Asia e altri.

Fino al primo dopoguerra la pizza classica si poteva mangiare solo a Napoli. Poi con l’emigrazione, insieme a tanti altri lavoratori, partirono anche pizzaioli esperti in cerca di un futuro migliore. Con il passare degli anni, hanno aperto attività proprie e hanno istruito tanti ragazzi all’arte-mestiere di “pizzaiuolo napoletano”.

 

La pizza non è nata a Napoli

 

Eppure, stranamente, la pizza simbolo e orgoglio di Napoli non è nata all’ombra del Vesuvio.

Qualcuno fa risalire le origini agli Etruschi ma le prove sono molto labili. Nessun dubbio invece che la focaccia romana sia un’antenata della pizza.

 

Binomio imprescindibile tra la pizza napoletana e il forno a legna

 

La parola “pizza” compare per la prima volta nella storia su un documento notarile del 997. Ma tutto lascia credere che si tratti ancora di focacce.

Tuttavia cercare l’origine della pizza e come cercare l’origine del pane. Si tratta di prodotti di largo consumo e di prima necessità per le classi più povere. Naturale che abbiano subito innumerevoli modificazioni nel corso dei secoli.

Quindi cosa hanno aggiunto i napoletani alle pizze preesistenti per trasformarle in prodotto divenuto patrimonio dell’umanità?

La creatività! Solo la innata creatività dei napoletani. La stessa che ha fatto nascere il babà e la sfogliatella.

 

Le origini controverse della Margherita

 

Nell’immaginario collettivo quando si dice genericamente pizza si immagina la pizza Margherita. Infatti è quella che illustra qualsiasi testo, confezione o pubblicità che fanno riferimento alla pizza in generale.

È senza ombra di dubbio la più famosa anche se non la più antica tra le pizze napoletane. La tradizione la attribuisce a Raffaele Esposito proprietario della pizzeria “Pietro… e Basta Così” nel 1889.

Secondo qualcun altro, una pizza simile, con basilico, pomodoro e mozzarella, esisteva già nel 1830. Ma non si sa quanto sia attendibile questa fonte.

Certamente attendibile Francesco De Bourcard, che nel 1866, nel suo Usi e costumi di Napoli,  tra le altre, cita una pizza con “basilico e muzzarella”. Ma da questi due ingredienti a dire che si trattava della “Margherita”, ne passa.

Per cui invece di avventurarsi in sterili e inutili diatribe accontentiamoci della versione più diffusa.

 

Il pizzaiuolo Raffaele Esposito

 

Una vicenda che si snoda tra storia e leggenda. Parte dalla visita a Napoli del Re d’Italia Umberto I di Savoia e della regina Margherita.

Era il mese di giugno del 1889. I Savoia avevano scelto la reggia di Capodimonte per il loro soggiorno napoletano e per l’occasione avevano deciso di dare una cena.

Camillo Galli, capo dei Servizi di tavola della Real Casa, era il responsabile dell’organizzazione. Alla ricerca di specialità locali sentì parlare con grande entusiasmo della pizzeria “Pietro… e Basta Così” e del proprietario Raffaele Esposito.

Allora Galli si recò alla salita Sant’Anna di Palazzo presso la pizzeria che Esposito gestiva insieme alla moglie Maria Giovanna Brandi. Chiese loro di preparare tre diverse varietà di pizza che sarebbero state servite durante il banchetto reale.

Esposito preparò una “Mastunicola” con olio, basilico e formaggio. Una Marinara con aglio, pomodoro e origano. E l’ultima, di sua invenzione ancora senza nome. Questa pizza riuniva ingredienti delle altre due, olio, basilico e pomodoro, con l’aggiunto della mozzarella.

 

Nasce la pizza tricolore in omaggio alla regina Margherita

 

Cromaticamente si presentava con i colori della bandiera italiana: bianco, rosso e verde. Quindi un omaggio ai sovrani d’Italia.

 

targa pizzeria brandi
Targa storica della pizzeria Brandi, erede della “Pietro e Basta così”.

 

Le pizze ebbero un grande successo e secondo Galli la regina stessa, pur avendole trovate eccellenti tutte aveva espresso una preferenza per quella tricolore.

Raffaele Esposito gratificato da questi complimenti, decise di dare a quella pizza il nome della regina: era nata la “Margherita”.  

Esposito ottenne anche un riconoscimento scritto a firma di Camillo Galli con una lettera datata 11 giugno 1889: “Le confermo che le tre qualità di pizze da Lei confezionate per Sua Maestà la Regina vennero trovate buonissime.”. La lettera è tuttora esposta a una parete della storica pizzeria che attualmente è denominata “Brandi”.

 

Il re “lazzarone” accanito sponsor

 

Tra i grandi estimatori della pizza bisogna annoverare Ferdinando I di Borbone, noto come Re lazzarone o Re nasone. È divenuto famoso per le sue abitudini molto poco regali. Tra queste consuetudini quella di travestirsi per potersi confondere tra il popolino più basso dove si trovava perfettamente integrato.

Era frequente che si allontanasse alla chetichella dalla reggia di piazza Plebiscito per le sue sortite notturne. Nel 1772 si recava a via Santa Teresa, quindi abbastanza distante dalla reggia, per raggiungere la sua pizzeria preferita.

Le cose migliorarono nel 1780 quando Pietro Cavicchio aprì la alla Salita Sant’Anna di Palazzo, a pochi passi da piazza Plebiscito, la ormai famosa pizzeria “Pietro… e Basta Così”.

Il re avendo assaggiato tante varietà di pizza era diventato un entusiastico esperto e fece di tutto per trasmettere questa passione ai cortigiani.

A quanto pare riuscì a “corromperne” parecchi ma non la regina Maria Carolina d’Asburgo, figlia dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, che escluse categoricamente che la pizza potesse approdare sulle tavole di corte.

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