Il diavolo in convento
Leggende

Il diavolo scatena l’inferno nel convento dei Girolamini

Il giovane Carlo Maria Vulcano scelse la vita monastica come strada per meditare e sfuggire alle tentazioni del mondo, o forse lo fece il padre per lui. Però mai avrebbe immaginato di ritrovarsi come tentatore addirittura il diavolo.

La storia ebbe inizio nella notte del 4 maggio 1696 quando il diavolo cominciò le sue visite notturne al convento dei Girolamini, nel centro storico di Napoli, tra via Duomo e via Tribunali.

L’aspirante novizio dormiva tranquillamente nella sua cella quando in quell’angusto spazio si scatenò l’inferno, ma non in senso metaforico.

Rumori assordanti e ombre inquietanti svegliarono di soprassalto il ragazzo e gli fecero rizzare i capelli in testa.

Il terrore lo rese incapace di una pronta reazione ma trovò la forza di precipitarsi fuori dalla cella e raggiungere padre Niccolò Squillante, maestro dei novizi.

Questi non diede peso al racconto di Carlo ma dovette comunque esercitare tutta la sua influenza per placarlo e convincerlo che era stato solo un incubo.

Il ragazzo per quanto ancora titubante se ne tornò a dormire nella sua celletta.

 

La storia di Carlo Vulcano in una cronaca settecentesca

 

Carlo Maria Vulcano era nato a Napoli. Il padre Carlo apparteneva ad una nobile famiglia di Sorrento e la madre Agnese Calisio era originaria di Cava de’ Tirreni.

Il convento che fa da sfondo a questa vicenda è parte del complesso dei Girolamini comprendente anche una chiesa monumentale, una quadreria di interesse storico e un’antichissima biblioteca pubblica risalente al 1586.

Seconda solo a quella Malatestana di Cesena fondata alla metà del Quattrocento.

La storia del giovane Vulcano viene narrata ampiamente, ma senza approfondire troppo i particolari, in una cronaca settecentesca ritrovata proprio tra i documenti della biblioteca dei Girolamini.

Carlo Maria all’epoca dei fatti frequentava, in quella che era la più prestigiosa sede oratoriana di Napoli, il secondo anno di probandato, una sorta di prova per l’accesso al noviziato.

Un periodo durante il quale il probando deve considerare l’autenticità della sua vocazione e la capacità di resistere alle tentazioni.

 

Il diavolo sfoga la sua furia sui monaci

 

Questo potrebbe spiegare l’interesse del diavolo nei suoi confronti. Ma non l’accanimento con cui quest’entità si impegna per piegare la volontà di un giovane qualunque come fosse Gesù nel deserto.

Comunque, ben presto i fatti dimostrarono che gli eventi diabolici che avevano contraddistinto la terribile notte di Carlo Vulcano erano tutt’altro che un incubo.

Con il passare dei giorni apparve evidente che il ragazzo era la calamita che innestava la furia demoniaca. Ma a farne le spese non era più soltanto lui ma il convento tutto.

Altro che oasi di pace. Il monastero era diventato il castello di un film horror. La notte quel luogo di preghiera diventava una zona di guerra nella quale i monaci facevano la parte della popolazione inerme.

Le manifestazioni erano di svariata natura. Da quelle inspiegabili, ma sostanzialmente innocue, come le scritte latine sui muri che comparivano e scomparivano.

A quelle scioccanti, ma pur sempre inoffensive, dei rumori di catene, del fracasso indefinito o delle bussate alle porte.

 

L’esorcismo fallisce e il diavolo deride i monaci

 

La faccenda prese una piega decisamente peggiore quando cominciarono a volare pietre all’indirizzo dei monaci che, di tanto in tanto, venivano malmenati da aggressori invisibili o erano ritrovati in stato confusionale.

Insomma Carlo Maria era diventato per il convento quello Cesare della Valle, duca di Ventignano e iettatore di estrema potenza, diventerà per il seminario dove andrà a studiare.

I religiosi non se ne stettero con le mani in mano e decisero di cacciare il demonio insediatosi in Carlo Maria con l’esorcismo.

Riuscirono a mettersi in contatto con l’entità malvagia ma solo per sentirsi dire: «Sono il diavolo!». E non dovette aggiungere: «… ebbene?», perché i frati si erano già arresi.

Intanto gli inquietanti episodi continuavano senza tregua. Allora padre Squillante dovette chiamare a sé Carlo Maria e dirgli: «Caro figliolo, con tutto l’affetto che ho per te, credo sia giunto il momento che ti allontani da questo convento».

 

Carlo Vulcano viena mandato a Capri. Ma cosa succede?

 

Lasciando l’inferno del cenobio dei Girolamini (con somma gioia dei padri che riacquistarono la loro pace) si ritrovò nel paradiso dell’isola di Capri.

Chi di noi non avrebbe fatto salti di gioia per questa “delocalizzazione”. E può darsi che li abbia fatti anche il ragazzo.

Ma non lo sapremo mai perché nella cronaca ritrovata non esiste una parola sul carattere del ragazzo.

Quindi non sapremo mai se fosse un birbantello o un bacchettone tutto “convento e chiesa”. Di conseguenza non possiamo immaginare come furono le sue giornate all’ombra dei faraglioni.

Almeno all’inizio, perché al contrario sappiamo bene come andò a finire.

Infatti, il giovane Vulcano a Capri, suo malgrado, si era portato anche il suo inseparabile demonio che non mancò di strapazzare i suoi nuovi fratelli e sorelle nella fede.

Il ragazzo fu collocato presso la casa oratoriana di Capri che manteneva buoni rapporti di collaborazione con le suore del convento del Salvatore.

Queste preparano da mangiare ai sacerdoti che a loro volta celebravano messa nella chiesa del convento.

 

Dopo i frati arriva il momento delle suore

 

Le suore e in particolare la madre superiora, suor Serafina, conoscendo le tribolazione da cui veniva Carlo Maria cercarono di essergli molto vicine.

Ma nonostante le loro migliori intenzioni ben presto dovettero pentirsi di non averlo tenuto alla larga.

Le suore divennero il nuovo bersaglio del diavolo. Tra il 20 e il 29 settembre il demonio si accanì in maniera terrificante sulle religiose.

In particolare su suor Serafina che in più occasioni aveva cercato di rincuorare l’ormai distrutto aspirante novizio.

Sulla base di questi nuovi disastri anche la madre superiore, come il precedenza padre Niccolò, fu costretta a dire: «figlio mio tu sei buono e caro ma il tuo amico è una vera carogna, quindi vi devo chiedere di andarvene entrambi e al più presto.»

Il povero Carlo Maria accettò l’invito e il 30 marzo 1697, con buona pace di tutti, rinunciò definitivamente alla carriera sacerdotale, riportò la tranquillità nei luoghi del Signore che aveva frequentato e lui stesso si liberò per sempre da quell’ospite malefico.

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